I Robot ci rubano il lavoro? No se…

“Se nella professione includiamo creatività, capacità di interagire con gli altri e capacità di agire in scenari imprevisti i robot sono di aiuto, non concorrenti”. Opinione di Martin Ford, guru della tecnologia, che spiega come si evolverà l’occupazione in relazione al progresso tecnologico.

La sua lettura è che la trasformazione che stiamo vivendo è differente rispetto dalle precedenti. Alcuni punti del suo pensiero.

Esponenzialità della velocità di progresso: le scoperte tecnologiche che nella storia hanno impiegato decenni per essere perfezionate e diventare di uso comune, oggi si susseguono a ritmi vertiginosi.
Capacità cognitive delle macchine: sempre più capaci di prendere decisioni e di imparare dalle esperienze.
Pervasività tecnologica in ogni settore: come l’elettricità nella rivoluzione industriale, la tecnologia è entrata in ogni settore produttivo, ogni ufficio, ogni attività lavorativa, diventando indispensabile.

Un aspetto interessante che Ford analizza è l’implicazione sociale ed economica che la tecnologia al servizio dell’uomo ricopre.
“I robot non consumano, non partecipano al ciclo economico. Utilizzarli conviene alle aziende che possono così disporre di risorse instancabili e senza pretese. Ma i robot non fanno girare l’economia. Non tornano in case che hanno dovuto affittare o comprare. Non mangiano cibo che hanno acquistato. Non vanno in vacanza, non escono…

Henry Ford diceva “Pago bene i miei operai perché devono essere in grado di acquistare le auto che producono”.

Ma cosa succede invece se il computer sostituisce le professioni di livello intellettuale più alto? Se possiamo essere tutti d’accordo che sia un bene che le macchine svolgano i lavori più ingrati, quelli che spaccano la schiena, che tolgono la vista, o espongono al rischio di incidenti, cosa dire delle funzioni intellettuali?
Certamente giornalisti, musicisti, psicologi non fanno i salti di gioia al pensiero che il lavoro lavoro potrebbe essere svolto tra qualche anno da una macchina. Già esistono software sperimentali che riescono per esempio a scrivere articoli finanziari al posto di un giornalista.
Nel lungo periodo dovremo dividere i lavori dal reddito, attraverso un reddito minimo garantito universale, e aumentando incentivi per l’istruzione. «Non suggerirei mai di evitare il progresso e restare fermi al vecchio», dice Ford: «Bisogna però riqualificare il massimo numero di persone affinché possano lavorare con le nuove tecnologie, e non ignorare la verità: ci saranno via via meno lavori, e bisognerà prendersi cura delle persone che inevitabilmente resteranno indietro». Le macchine potenziano il cervello umano, lo ampliano. La nostra capacità di risolvere problemi aumenterà. Permetteranno di lavorare meno ore e, con debita riorganizzazione, vivere nuovi spazi di tempo libero.

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