Covid-19, verso l’integrazione dei dati sanitari

I sistemi informativi delle aziende sanitarie sono per la maggior parte strutturati secondo architetture “a silos”, eterogenee sia dal punto di vista della tecnologia che da quello della gestione dei dati.

La conseguenza è la frammentazione dei dati dei pazienti, che risultano distribuiti in contesti diversi, quali ad esempio cartelle cliniche o archivi di big data, gestiti con software proprietari, non compatibili tra loro e provenienti da fornitori diversi. Il reperimento e l’integrazione delle informazioni richiede ogni volta soluzioni “ad hoc” per l’esportazione e l’elaborazione dei dati. I risultati elaborati dalle singole aziende locali sono difficilmente comparabili, e difficile e rischiosa è l’integrazione dei dati a livello regionale e poi nazionale.

Questo rende alquanto difficoltosa una serie di operazioni:

  • avere un quadro completo della salute del paziente, inclusi i fattori di rischio
  • ottimizzare le risorse di gestione dei dati, che devono essere esportati e trascritti da un sistema all’altro con conseguente aumento dei costi
  • proteggere adeguatamente i dati personali e la privacy del paziente
  • disporre di un patrimonio informativo omogeneo e coerente al fine di ricerche e analisi statistiche e epidemiologiche
  • evitare la dipendenza dai gestori delle diverse applicazioni, ai quali ci si deve continuamente rivolgere, con ulteriore aumento dei costi e dei tempi.

L’emergenza Covid-19 e il suo impatto

L’emergenza sanitaria in corso rischia di portare a una frammentazione ulteriore dei dati, a causa dell’adozione di soluzioni indipendenti dovuta alla necessità di dare immediata risposta alla crisi.

Attualmente, le soluzioni di telemedicina in fase di studio o di attuazione ricoprono tre funzioni principali:

  • individuare precocemente i casi di possibile contagio
  • curare e monitorare i pazienti positivi al virus anche prima e dopo il ricovero ospedaliero
  • monitorare e assistere a casa i pazienti “ordinari”, soprattutto se fragili, così da evitare il sovraffollamento delle strutture sanitarie.

Le soluzioni adottate sono diverse e spesso incompatibili non solo tra regioni, ma anche tra aziende sanitarie di una stessa regione.

La soluzione: un modello comune di gestione dati

L’inziativa  “Community per il governo dei dati sanitari” (www.dati-sanita.it) è stata lanciata prima dell’emergenza Covid-19 per facilitare la collaborazione, l’integrazione e lo scambio dei dati in sicurezza tra aziende sanitarie, istituzioni ed enti di ricerca.

Lo scopo è adottare un Clinical Data Repository, ossia un modello di riferimento comune che permetta alle aziende di fare confluire i dati dei vari sistemi e di renderli omogenei. Ciò, pur permettendo alle aziende di operare in autonomia, renderà disponibili i dati a chiunque ne abbia necessità sia per la cura del paziente, sia per analisi statistiche ed epidemiologiche.

Sulla base del modello standard internazionale UNI-CEN-ISO 12967:2009 “Health Informatics – Service architecture” è stata progettata e realizzata la struttura di una base dati (“Clinical Data Repository”) in grado di integrare e rendere omogenei tutti i dati. La documentazione dettagliata e gli strumenti software sono Open Source, e sono quindi disponibili gratuitamente ad aziende sanitarie, istituzioni e strutture industriali.

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