Al giorno d’oggi, il semplice rating finanziario non è più il solo parametro con cui si valuta la salute di un’azienda. Coniato nel 2005, un nuovo acronimo ha rapidamente assunto preponderante importanza: il Rating ESG (Environmental, Social, Governance).
La definizione dei Sustainable Development Goals (SDG) delle Nazioni Unite, oltre ad altri piani di azione elaborati dalle singole organizzazioni e nazioni, hanno contribuito a integrare i fattori di sostenibilità ambientale, sociale e di governo societario tra i componenti determinanti per valutare la qualità di un’azienda, oltre a fornire una direzione comune per stabilire i criteri necessari a poter dire “sostenibile” un’azienda.
ESG: Che cosa significa?
Le tre voci che compongono l’acronimo ESG godono di un ampio accordo internazionale riguardo al loro significato. Vediamo dunque di darne una chiara spiegazione.
Environmental: comprende i fattori ambientali. Riduzione delle emissioni, miglioramento dell’efficienza energetica, ottimizzazione delle risorse, contrasto degli sprechi.
Social: comprende i fattori che riguardano l’impatto sociale interno ed esterno dell’organizzazione. Politiche di inclusione sociale, rispetto per la diversità, gender neutrality, pari opportunità e benessere dei dipendenti in generale. Inoltre include l’impegno dell’azienda a favore della comunità.
Governance: comprende i fattori che incidono sulla trasparenza e l’etica del governo societario. Si tratta di quelle buone prassi ispirate a criteri morali condivisi quali il rispetto degli azionisti, retribuzioni congrue, composizione equilibrata dei consigli di amministrazione, mancanza di conflitti di interesse, trasparenza nelle scelte aziendali, meritocrazia nella scelta dei ruoli e negli avanzamenti di carriera.
Come si calcola?
Il rating ESG serve dunque a determinare il livello di sostenibilità di un’azienda basandosi sui valori espressi nell’acronimo, così come il rating di merito creditizio consente di misurarne l’affidabilità finanziaria.
Vi sono tuttavia delle differenze. Il rating finanziario, infatti, ha standard qualitativi, quantitativi e temporali precisi, con normative e organismi di sorveglianza preposti al controllo. In Europa, invece, non vi è ancora niente di tutto questo riguardo al rating di sostenibilità.
Negli ultimi anni è quindi aumentata l’offerta di piattaforme che cercano di standardizzare i criteri oggettivi di sostenibilità a cui attenersi per le aziende. Si avverte infatti la necessità di strumenti tecnologici evoluti che facilitino il compito a quelle aziende che intendano percorrere la strada della sostenibilità quali ad esempio sistemi digitali di misurazione, analisi e reportistica.
I vantaggi
Le aziende ormai non possono fare a meno di esplicitare la loro posizione riguardo il rating di sostenibilità, soprattutto ai fini della brand reputation. I consumatori consapevoli sono infatti sempre più attenti ai temi sociali, ambientali e climatici, e orientano le loro scelte d’acquisto anche in base a questi parametri.
Ma vi sono dei vantaggi innegabili in primis per le aziende. Un uso più attento delle proprie risorse, infatti, riduce gli sprechi e rende l’azienda più efficiente, con i risparmi e i miglioramenti che ne conseguono, mentre il benessere dei lavoratori migliora le performance e incrementa la produttività. Un modello di governance trasparente, infine, attrae maggiore fiducia da parte di investitori e clienti. La sostenibilità, in definitiva, fa bene anche agli affari.
Conclusioni
L’ ESMA (European Security and Market Authority) ha sollecitato la Commissione Europea ad adottare al più presto una valutazione standardizzata per quanto riguarda i rating ESG. In questo modo sarà possibile evitare i fenomeni di greenwashing (ambientalismo di facciata), premiando invece le aziende che mirino a una sostenibilità reale.