I primi veri progetti di Intelligenza Artificiale risalgono alla metà del secolo scorso. Già nel 1950, un giovane Alan Turing cercava di spiegare come un computer avrebbe potuto comportarsi come un essere umano. Da lì in poi l’Intelligenza Artificiale ha avuto avanzamenti significativi dal punto di vista dei modelli matematici, sempre più sofisticati per cercare di imitare i processi del cervello umano (come ad esempio il riconoscimento di pattern). Ma a che punto siamo oggi?
Reti neurali: cosa sono?
Le reti neurali cerebrali sono quelle che permettono le funzioni del cervello in ciascun individuo: ragionamento, calcolo, riconoscimento di volti, apprendimento e così via.
Di conseguenza le reti neurali artificiali sono modelli matematici composti da “neuroni artificiali”, che si ispirano al vero cervello biologico (umano o animale) per risolvere problemi di Intelligenza Artificiale, spesso in un ambito specifico.
Ciò che la rende speciale è che è un sistema “adattivo”, in grado di modificare la sua struttura di nodi e interconnessioni a seconda delle informazioni interne o esterne che riceve in fase di apprendimento e ragionamento.
Come funziona una rete neurale
Una rete neurale, per funzionare in maniera efficiente, deve essere “addestrata”, ossia deve apprendere come comportarsi per risolvere un problema (ad esempio il riconoscimento facciale partendo da immagini di esseri umani). Ciò avviene grazie al Machine Learning e al Deep Learning.
Machine Learning e Deep Learning
Il Machine Learning è un insieme di metodi matematico-computazionali attraverso i quali si permetta a una macchina di allenare sé stessa, apprendendo in modo autonomo mentre corregge gli errori. In questo modo, la macchina può svolgere compiti e attività senza che ci sia bisogno di programmarla in precedenza.
Il Deep Learning, in seguito, è ciò che permette alla macchina di emulare realmente un cervello biologico. Richiede reti neurali artificiali progettate ad hoc e organizzate in diversi strati: ogni strato calcola i valori per quello successivo affinché l’informazione venga elaborata in maniera sempre più completa, come avviene in un cervello reale.
Il futuro
Il campo di studio che ha mostrato gli sviluppi più interessanti negli ultimi anni è quello dei cosiddetti “chip neuromorfici”. Essi integrano elaborazione dei dati e storage in un unico componente miniaturizzato, così da emulare le funzioni sensoriali e cognitive del cervello umano.